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15 lug 2020

RENDEZ-VOUS CON LA STORIA DI CITROËN - JACQUES WOLGENSINGER: COMUNICARE SULL’AUTOMOBILE

La storia della Marca Citroën è fatta da grandi uomini. Tra questi Jacques Wolgensinger, chiamato nel 1958 a creare il servizio per la comunicazione. Valorizzando la storia della Marca, Wolgensinger ne ridefinì l’immagine e seppe costruire un rapporto eccezionale con la stampa. Creò un’efficiente organizzazione Internazionale per trasmettere le sue linee guida in tutti i Paesi in cui Citroën operava. Le sue iniziative geniali contribuirono a aumentare la notorietà della Marca come la formula del “pop-cross” e i “grandi raid di massa” con le bicilindriche Citroën. Grazie alla sua creatività seppe costruire un’identità forte e distintiva della Marca, elemento che ancora oggi la contraddistingue.

RENDEZ-VOUS CON LA STORIA DI CITROËN - JACQUES WOLGENSINGER: COMUNICARE SULL’AUTOMOBILE

Con un cognome ed un piglio decisamente prussiani, l’alsaziano Jacques Wolgensinger fece il suo ingresso in Citroën nel 1958, contemporaneamente alla promozione di Pierre Bercot a Presidente e Direttore Generale della Marca.

Wolgensinger era un giornalista di discreta fama e fu assunto con l’incarico di creare il “dipartimento relazioni esterne” di Citroën, dove arrivò al termine di un contesto storico particolare della Marca che ne segnò profondamente anche la strategia di comunicazione.

Si tratta di una lunga storia che inizia ai tempi di André-Gustave Citroën, fondatore della Marca che ancora oggi ne porta il nome, e il cui motto era: “fare, senza far sapere di aver fatto, è nulla”.

Il modo di pensare di André Citroën implicava l’apertura di infiniti canali di comunicazione col mondo della Stampa: da quella specializzata nell’automobile, a quella generalista, fino alle testate ed ai giornalisti “freelance” più disparati ed eclettici, come quelli che invitava continuamente a visitare le sue fabbriche o a seguire le sue incredibili spedizioni geografiche.

Poi, nel 1935, con la scomparsa di André Citroën, la strategia di comunicazione della Marca cambiò radicalmente: in nome della capacità di auto-promozione di un prodotto di qualità, la pubblicità era considerata superflua. A questo si aggiunse la decisione di privilegiare l’assoluta segretezza sui nuovi prodotti, inclusi i relativi metodi di fabbricazione, prima della loro commercializzazione definitiva.

Questo approccio era in parte una conseguenza del pragmatismo degli uomini che in quei tempi dirigevano l’Azienda. Infatti, in quegli anni, ai vertici della Marca c’era Pierre-Jules Boulanger, posto alla guida della Società Anonima Citroën con l’obiettivo di raddrizzarne i bilanci, portando avanti il lancio della Traction Avant e rivedendo completamente la gestione finanziaria delle fabbriche Citroën. Con il massimo rigore e la massima severità, in meno di un anno Boulanger rispose pienamente al mandato, ribaltando l’andamento della linea dei profitti e portando l’azienda in attivo.

Nell’ambito della comunicazione, il pragmatico Boulanger si limitava però a presentare i prodotti solo quando erano pronti per essere commercializzati, peraltro senza mai fornire troppi dettagli, e non mai dava anticipazioni sui modelli futuri. Secondo lui infatti, per riuscire a stupire il mondo intero, era necessario che ogni prodotto lanciato da Citroën fosse una sorpresa inaspettata, un autentico shock per stampa e clienti. Per questo motivo Boulanger arrivò addirittura a negare ogni novità, pur di proteggere i suoi progetti e i suoi prototipi.

Dopo la scomparsa di Pierre Jules Boulanger nel 1950, la Dirigenza della Marca fu affidata a Robert Puiseux e in seguito a Pierre Bercot che a differenza dei suoi predecessori, era laureato in letteratura e filosofia orientale!

Mentre Boulanger e Puiseux facevano di tutto per tenere a freno le fantasie del Centro Studi della Marca, Bercot non faceva altro che incoraggiarle e invitava i progettisti a “stupire il mondo intero”, nel più puro spirito di André Citroën!

E fu proprio in questo periodo che in Citroën arrivò Jacques Wolgensinger.

Il momento era davvero magico: c’era da fare tutto, dall’immagine di marca alle strategie della comunicazione e soprattutto c’era da capire come compensare quell’incredibile “gap” in una gamma che andava dalla 2CV alla DS19, senza altri prodotti intermedi. Lo studio di queste due vetture aveva assorbito tutte le energie dell’azienda e la gamma presentava un vuoto, in mezzo, che sembrava incolmabile. Fu proprio Wolgen (come avevano iniziato a chiamarlo i colleghi per risolvere quei problemi di pronuncia francese di quel cognome tanto prussiano) ad elaborare un piano d’azione per risolvere la situazione, partendo dalla ricostruzione del passato, perché “si capisce meglio dove si va, quando si sa da dove si viene”. Così Wolgensinger iniziò a studiare le radici della Marca e finì (anche lui!) per cadere vittima del fascino di André Citroën. Ne studiò la storia, le imprese e la vita. Ricostruì l’epopea della famiglia, le origini, le conquiste e tutta l’avventura di André dai tempi del Politecnico fino alla tragica scomparsa. Fu in quel momento che capì come il futuro del Double Chevron fosse inscindibile dal suo passato.

Già nello stesso anno del suo ingresso al quai de Javel, Wolgensinger volle conoscere Puech, Responsabile della Pubblicità e lavorò con lui per far capire alla Proprietà quanto fosse importante l’immagine. Nel 1955 era cambiato il logo della Marca che passava dalle due punte di freccia degli ingranaggi Citroën a due ali di gabbiano sovrapposte, come se si passasse dall’ordine del motore a quello dell’organismo, scriverà Roland Barthes.

Le foto della nuova Citroën realizzate da Robert Doisneau, la collaborazione con l’agenzia pubblicitaria di Robert Delpire, la nuova Direzione Generale nelle mani del “filosofo orientale” Pierre Bercot e la “carta bianca” data a Wolgen per creare da zero un nuovo servizio per la comunicazione furono un mix decisamente esplosivo: la creatività della Marca, scritta a fuoco nel suo DNA, esplose con tutta la forza in milioni di colori, nelle foto di William Klein, di Helmut Newton, di André Martin e di tutti i grandi che Robert Delpire (dell’omonima agenzia) chiamò per descrivere il mondo Citroën.

I clienti di Citroën, indipendentemente dal loro acquisto, che fosse una 2CV o una DS19, erano persone che comprando quella vettura erano entrati nella categoria degli “eletti”, di coloro che amavano la tecnologia avanzata che equipaggiava le loro automobili e che non era alla portata di tutti.

Wolgen, a capo della Comunicazione, creò un’efficiente organizzazione Internazionale e istruiva dettagliatamente i suoi omologhi nei vari Paesi dove Citroën operava. Tutti seguivano le sue linee guida ed i risultati furono eccellenti.

Le vendite crescevano in tutta Europa, con prodotti che funzionavano meglio là dove la campagna di lancio era più efficace, come nel caso della la Dyane in Italia. Qui la B Communication (Advico Delpire Italia) lanciò la piccola bicilindrica come “l’Auto in jeans”, cavalcando la contestazione e la campagna pubblicitaria della Jesus Jeans di Oliviero Toscani, facendo dell’Italia il primo mercato per la Dyane, che invece negli altri Paesi faticava ad emergere sotto al peso del “mostro sacro” chiamato 2CV.

Un’altra geniale iniziativa di Wolgen, fu quella, negli anni ‘70, di inventare la formula del “pop-cross”, che rendeva accessibile lo sport automobilistico anche a chi non aveva grosse possibilità. Prima ancora di questo, Wolgensinger organizzò i “grandi raid di massa” con le bicilindriche Citroën: dalla Parigi-Persepoli alla Parigi-Kabul fino all’epico Raid Afrique del ‘73 che vide le piccole Citroën, “un incrocio tra Pegaso ed un tritaverdure”, come le definiva lo stesso Wolgen, attraversare perfino il Sahara.

Poi la grande crisi economica e petrolifera del ‘73/’74, quando si formò PSA. Nella conseguente ri-organizzazione in Citroën, pochi dirigenti rimasero al loro posto, tra di loro c’era necessariamente Jacques Wolgensinger che mantenne la Direzione della Comunicazione. La nuova dirigenza conosceva il valore del lavoro fatto da Wolgen e ritenne semplicemente fuori discussione la sua sostituzione.

Dopo la trionfale spedizione in Lapponia del settembre ‘74 per il lancio della CX, l’elezione di quest’ultima ad “Auto dell’Anno” 1975 che ripeteva il successo del 1971, quando ad essere “Auto dell’Anno” fu la GS, Wolgen stupì nuovamente tutti presentandosi ad una riunione ai massimi livelli vestito con un sari arancione ed un medaglione dorato al collo, accompagnato dalla Responsabile della Squadra Corse, Marlène Cotton.

Davanti a decine di colleghi esterrefatti, Wolgen spiegò come fosse iniziata l’”era arancio” e di come quella tinta avrebbe da lì in avanti contraddistinto la Marca Citroën.

Non era affatto impazzito, si era invece accorto di come in un tempo di standardizzazione fosse necessario esprimere un’identità forte e distintiva. Una dimostrazione di questa sua intuizione geniale si concretizzò ben presto ai Saloni dell’Automobile, dove erano presenti tavoli colmi di comunicati stampa delle diverse Case Costruttrici tutti uguali tra loro. L’idea che quelli di Citroën fossero immediatamente riconoscibili perché stampati su carta color arancio era semplicemente geniale!

Lui stesso, dopo aver fatto il giro di ricognizione ed il raid Afrique proprio con una 2CV arancio, fece di quella tinta il suo marchio di fabbrica, arrivando a farsi realizzare una SM (e poi una CX) color arancio vivo che lo rendeva inconfondibile al suo arrivo agli appuntamenti con la stampa specializzata.

Dalla seconda metà degli anni ‘70 fino a tutti gli anni ‘80, ovvero il suo ultimo periodo alla guida della comunicazione Citroën, non rinunciò al suo stile inconfondibile, alla sua sottile ironia ed a quegli aneddoti memorabili che l’hanno reso unico nella storia dell’automobile, come quando disse che la 2CV, più che un’automobile, era uno stile di vita, o quando, alla partenza della Parigi-Dakar del 1980, dove le auto mediche erano delle Méhari 4x4, dovendo scegliere un paragone a cui associare le proprie 4x4 Citroën, tra un “bulldozer” ed un “tosaerba”, scelse il secondo.

Wolgen lasciò l’attività alla fine degli anni ‘90, con un’ultima presenza ufficiale al lancio della Citroën XM, per trasferirsi a Nizza, con Marlène Cotton, nel frattempo divenuta sua moglie.

Fino alla fine, non ha fatto mancare la sua presenza ai raduni degli appassionati in giro per il mondo (in fondo, potremmo chiamarli “suoi fedeli”), ha firmato autografi e raccontato aneddoti, spiegato fatti e commentato eventi, senza mai lasciare inevase domande e questioni.

Si è spento a Nizza, nel 2008, lasciando un segno indelebile nella comunicazione attorno all’automobile. Un segno arancione.

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